venerdì 26 maggio 2017

PICCOLA RACCOLTA DI STORIE INCREDIBILI #3



Una scrittura "fastidiosa"


"[...]io avevo una sorta di religioso, e superstizioso, amore e terrore delle parole" 
( Tommaso Landolfi )

Il libro di oggi è "Ombre" di T.Landolfi, raccolta di racconti e articoli pubblicata per la prima volta nel 1954 da Vallecchi e riproposta nella collana Biblioteca Adelphi della omonima casa editrice nel 1994.

Autore di difficile inquadramento all'interno del panorama letterario italiano, i suoi racconti sono propriamente delle composizioni fantastiche nate da una riflessione critica della realtà, in grado di provocare un vero e proprio smarrimento nel lettore. 

Esemplari a questo proposito le novelle intitolate "Ombre", "La moglie di Gogol'" e "Lettere dalla provincia"; la loro lettura risulta "fastidiosa" proprio nella misura in cui l'autore riesce a cortocircuitare l'equilibrio tra credito e dubbio che caratterizza normalmente il fantastico, con il risultato di rimanere sempre sbalorditi e spaesati alla fine del racconto. 

Il mio racconto preferito è "La moglie di Gogol'", dove il narratore, presentatosi come amico/biografo di Gogol', ci narra della incredibile storia sentimentale tra il famoso scrittore e sua moglie ( peraltro mai avuta nella vita reale). Suddetta moglie si presenta come una bambola gonfiabile, modificabile a piacere secondo la libido e i gusti del marito; preso da una passione incredibile e sfiancato dalla complessità del rapporto, alla fine Gogol' decide di mettervi fine nella maniera più tragica possibile: facendo scoppiare la bambola e bruciandone i pezzi (analogamente a parte dell'opera dell'autore russo buttata nel fuoco e persa nell'oblio).

In conclusione, essendo Landolfi oggi poco noto al grande pubblico, sopratutto per la sua scrittura molto raffinata e "aristocratica" spesso di difficile comprensione, pare opportuno cercare di riportarlo in auge proprio per evitare che la sua eredità, proprio come la moglie di Gogol', venga "carbonizzata". 




Terrore all'italiana

"Mi chiamo Joseph Signoret. Loro mi hanno costretto ad aiutarli e dopo invece mi hanno ammazzato"

Tra le principali tangenti che l'uomo ha preso nell'abbandonare il circolo delle sue certezze razionali vi è quella dell'orrore. Il terrore ha fin da subito fatto prepotentemente capolino nel cinema fantastico, quel terrore ancestrale che l'uomo si porta dentro da "quando le fiere facevano sentire i loro ruggiti nel buio e le tempeste atterrivano gli uomini accucciati nelle caverne" (per usare le parole dell'autore che fra poco affronteremo). 

E allora iniziamo, un po' per meriti storici e un po' per patriottismo, a trattare l'orrore partendo da "I vampiri" (1957) di Riccardo Freda. 
La trama prende il via da una serie di misteriosi omicidi: alcune giovani donne vengono rapite e ritrovate, giorni dopo, uccise e completamente prive di sangue; sulle tracce dell'efferato assassino si mettono un giornalista e un ispettore di polizia. 
La pellicola, considerata il primo vero film dell'orrore italiano, è un ibrido tra film poliziesco e film gotico/horror, che si diverte a trarre in inganno lo spettatore già dal titolo: la soluzione del mistero sarà in realtà più fantascientifica che "vampiresca" nel senso popolare del termine. 
Il film trova la sua potenza nella dimensione visiva, resa indimenticabile dai tuttora incredibili effetti speciali a cura di Mario Bava (che ritroveremo più avanti nella rubrica nelle vesti di regista), e nell'equilibrio delicato che riesce ad ottenere tra razionale ed irrazionale. 
Un inizio di tutto rispetto per la scuola italiana dell'orrore, che tanto avrà da insegnare negli anni successivi.

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